elatos levat Alexandria stratos. Non è mai bello parlare di sé, ma aggiungo solo che questo motto è
stato uno dei miei primi impatti con la lingua di Cicerone, motivo per cui sono ancora più grato a
Mara per avermi citato.
Alessandria umilia i superbi ed innalza gli umili: motto severo, fin troppo lapidario se si pensa al
carattere degli alessandrini, di solito così poco inclini alle sentenze nette. Eppure così vero: chiunque
sia cresciuto all’ombra del campanile sa che è impossibile alzare troppo la cresta senza incorrere nel
nostro sarcasmo sornione, ma al contempo Alessandria è sempre pronta ad offrire una possibilità a
chi è disposto a lavorare con impegno. Ancora: Tedeschi, Spagnoli, Lombardi, Francesi, Piemontesi:
quanti elati hanno tentato di conquistarci! Eppure noi siamo ancora qui, loro invece… E se mettiamo
il motto in bocca ad Alessandro III, il Papa nostro eponimo, risulterà ancora più vero: la piccola
Alessandria, appena fondata, aveva sconfitto il potente Barbarossa.
La frase, non priva di grazia, è un verso leonino, tipico della poesia medioevale latina e romanza: è
diviso in due emistichi o metà verso, in rima tra di loro (elatos e stratos). L’autore, che si tratti del
Papa o di altri, ha voluto dare al motto anche un andamento esametrico; l’effetto non è però
particolarmente riuscito (senza andare troppo nello specifico, bisognerebbe supporre l’allungamento
della prima a- di Alexandria), e il verso risulta sbilanciato verso la prima parte, ma conferisce
comunque un certo ritmo battagliero. Migliore è il risultato delle assonanze: oltre a quelle obbligatorie
tra elatos e stratos, non si può non notare l’allitterazione in –i- tra le prime parole dei due emistichi,
deprimit e Alexandria, e, per ribadire ulteriormente l’importanza del nome, già in posizione marcata,
la consonanza in –r- tra Alexandria e stratos. Quest’ultimo termine, così sonoro, sostituisce l’humilis
della frase del Magnificat che è il modello per il nostro motto, è semanticamente opposto ad elatos:
letteralmente significano, infatti, elevato e steso a terra, con tutte le implicazioni metaforiche del
caso. Un modello evangelico: deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles. Il significato è lo stesso.
Il messaggio è potente: come Dio esalta gli umili e depone i potenti dal loro trono, così Alessandria,
la piccola Alessandria, ha deposto Federico II dal trono della sua superbia, e ha esaltato l’umile
contadino Gagliaudo. Ancora prima che nascesse la devozione alla Clementissima Patrona,
Alessandria faceva incidere nel suo scudo, nel suo simbolo, le parole della Vergine. E ricorderà il
proprio motto anche oggi, al tempo della peste e della guerra. Perché un motto non serve a rammentare
le glorie del passato, ma a ricordare al presente i valori di sempre.
Con un affettuoso saluto dallo Studium Urbis, Matteo Zaccaro
P.S. Per approfondimenti rimando all’ottimo saggio Sancti Petri Vexillum (2008) di Roberto
Piccinini, che ringrazio per la sempre puntuale gentilezza; ringrazio anche la Professoressa Manzoli
(Latino Medioevale) della Sapienza per i suggerimenti.